Con il termine indagini difensive si intendono tutte le attività di investigazione e di indagine che il detective privato può svolgere, nell'interesse del proprio assistito. Le indagini difensive o investigazioni difensive, dovranno essere commissionate all’investigatore privato autorizzato dal difensore della persona offesa; con oltre 400 corrispondenti on line nel mondo, collaboraiamo con molteplici Avvocati e studi legali, effettuanto svariate indagini
Fonte: Cassazione: è lecito registrare una conversazione di nascosto col cellulare
SENTENZA: Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 marzo – 10 giugno 2016, n. 24288 Presidente Gentile – Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 16 gennaio 2014 la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale che in data 24 giugno 2010
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SENTENZA 13110/2019 - INVEST.NI DIFENSIVE PREVENTIVE
Secono l'orientamento indicato nel provvedimento della Suprema Corte in commento, confermando quanto già stabilito dalla Corte di Appello di Genova, a un soggetto non è preclusa la facoltà di rivolgesi direttamente a un investigatore privato al fine di verificare la fondatezza dei propri sospetti circa comportamenti che lo coinvolgono e che costituiscono fattispecie di reato, evidenziando che le successive dichiarazioni dell'investigatore privato incaricato rese nel corso del giudizio sono legittime e possono essere utilizzate senza eccezione alcuna.
Nella fattispecie in esame, una società aveva incaricato un investigatore privato di svolgere dei controlli a seguito del sospetto che alcuni dipendenti si fossero impossessati in più occasioni di imprecisati quantitativi di carbone, sottraendoli alla società per cui lavoravano. La società tuttavia, per compiere tali attività investigative circa il sospetto del furto di materiale pregiato (carbone), non era obbligata a nominare un difensore, potendo rivolgersi direttamente a un investigatore privato per sanare i propri dubbi circa l'indebita sottrazione (questo era possibile in quanto l'art. 327-bis c.p.p. si riferisce unicamente all'attività svolta dal nominato difensore nel caso di pendenza di procedimento).
La Suprema Corte evidenzia quindi che "la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l'attivazione dello statuto codicistico previsto per la regolazione delle attività di investigazione difensiva preventiva (ex artt. 391-nonies e 327-bis, cod. proc. pen.) è rimesso alla volontà del soggetto, avendo natura del tutto facoltativa. In tale ambito ricostruttivo, si è quindi ritenuta legittima l'attività svolta da un investigatore privato, prima della iscrizione della notizia di reato, al di fuori dell'ambito applicativo dell'art. 391-nonies, cod. proc. pen. (Sez. 2, Sentenza n. 1731 del 21.12.2017, dep. 16.01.2018, Colella, Rv. 272674, in motivazione)".
CASS. PEN., SEZ. IV, SENTENZA N. 13110/2019 DEL 08.01.2019
La facoltà di esercitare tali indagini è attribuita al difensore nel giudizio penale, con facoltà di avvalersi di investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, di consulenti tecnici.
L’investigatore privato Max MAIELLARO – titolare dell’agenzia investigativa IDFOX SRL – in possesso della licenza autorizzata per lo svolgimento di indagini difensive, ed in qualità di esperto in criminologia, criminalistica, analisi comportamentale e balistica applicata alla criminologia, può svolgere qualsivoglia tipo di indagine difensiva: in questa sua duplice veste, le attività che effettua sono qualitativamente e quantitativamente ampie e varie, tali da poter risultare valide, efficaci ed efficienti, per la difesa in giudizio.
Max Maiellaro presta attività di consulenza tecnica giudiziale e stragiudiziale nel campo investigativo, nonché nell'attività in campo penale. Infatti, a seguito dell'entrata in vigore della legge 397/2000, le parti private coinvolte in un procedimento penale, acquisiscono il diritto di potersi avvalere di professionisti esperti, sempre su incarico del consulente legale, che permettono di rapportarsi alla pubblica accusa attraverso tecniche di investigazione proprie e del tutto indipendenti.
Cassazione: è lecito registrare una conversazione di nascosto col cellulare
La registrazione può legittimamente essere acquisita al processo senza l'autorizzazione del GIP e rappresenta una forma di autotutela
Fonte: Cassazione: è lecito registrare una conversazione di nascosto col cellulare
SENTENZA:
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 marzo – 10 giugno 2016, n. 24288 Presidente Gentile – Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 16 gennaio 2014 la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale che in data 24 giugno 2010 aveva condannato S.C. per concorso in estorsione in danno di P.E., dichiarava la nullità della sentenza limitatamente alla condotta posta in essere dall'imputata nel luglio 2008 disponendo che dei presente provvedimento fosse data notizia al Pubblico Ministero in sede per le sue determinazioni, confermava nel resto la sentenza impugnata. In sede di appello la S. aveva eccepita la nullità della sentenza per avere il primo giudice pronunciato condanna anche in relazione all'episodio estorsivo commesso nel luglio 2008 nonostante nel capo di imputazione fossero contestati soli fatti di estorsione commessi nel mese di agosto e settembre del 2008. Ricorre per cassazione imputata deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in: 1. violazione di legge in relazione all'articolo 522 codice procedura penale in relazione all'articolo 604 comma uno codice di procedura penale. Rileva la ricorrente che la sentenza impugnata ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado limitatamente alla condotta posta in essere nel luglio 2008 disponendo che dei provvedimento fosse data notizia al PM in sede per le sue determinazioni e confermando le statuizione inerenti la pena inflitta in primo grado. Secondo la ricorrente tale modus operandi si palesa illegittimo per violazione dell'articolo 522 codice di procedura penale. Ritiene non condivisibile l'affermazione secondo la quale il capo di imputazione eliminato costituirebbe un'ipotesi di reato concorrente, costituendo al più un altro fatto di reato consumato nel luglio 2008, fatto ben diverso rispetto a quello delle presunte estorsioni poste in essere in agosto e settembre 2008. Si tratterebbe perciò non di reato concorrente, ma di altro fatto di reato che secondo la disposizione dell'articolo 604 comma uno codice procedura penale dovrebbe comportare la nullità dell'intera sentenza. Gli atti andavano trasmessi non al pubblico ministero, ma al giudice di primo grado. Si sarebbe così anche evitato di legittimare il giudice di secondo grado ad erogare una sanzione che non è di sua competenza. 2. violazione di legge in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa all'udienza dei 7 maggio 2009. Contesta il giudizio di credibilità della parte offesa rilevando che la sentenza di secondo grado ha fatto proprie le argomentazioni della sentenza di primo grado che però aveva ritenuto le dichiarazioni della parte offesa imprecise, disordinate cronologicamente e non aveva escluso che nella vicenda si potessero ravvisare profili di risentimento personale. Evidenzia che l'episodio dell'agosto 2008, si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa; 3. violazione di legge in relazione all'articolo 271 codice di procedura penale in riferimento all'utilizzo della registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti ad opera della parte offesa su sollecitazione dei carabinieri che, in quel contesto procedettero all'arresto della donna. Lamenta la mancanza di provvedimento autoritativo e sostiene che la dedotta inutilizzabilità coinvolge i risultati captativi che riscontrerebbero le dichiarazioni della persona offesa 4. violazione di legge in relazione alla determinazione dei trattamento sanzionatorio. Lamenta la mancata riduzione della pena per effetto delle concesse attenuanti generiche nel massimo consentito. II primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Correttamente i giudici di appello hanno applicato il terzo comma dell'art. 604 c.p.p. nell'accogliere l'eccezione di nullità della sentenza sollevata dal ricorrente con i motivi di gravame per avere il primo giudice pronunciato condanna anche in relazione all'episodio estorsivo commesso nel luglio 2008, nonostante nel capo di imputazione fossero contestati solo fatti di estorsione commessi nel mese di agosto e settembre del 2008. Del tutto irrilevante è la dedotta questione se trattasi di reato concorrente o fatto nuovo considerato che il terzo comma dell'art. 604 c.p.p. prevede che " quando vi è stata condanna per un reato concorrente o per un fatto nuovo, il giudice di appello dichiara nullo il relativo capo della sentenza ed elimina la pena corrispondente, disponendo che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determinazioni", decidendo sul resto . La seconda doglianza è formulata in modo assolutamente generico. Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità. Nell'esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della logica nella valutazione dell'attendibilità della persona offesa le cui dichiarazioni risultano confermate da ulteriori risultanze probatorie (pag. 3 sentenza impugnata) Il terzo motivo di ricorso è infondato. Deve premettersi che la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 267 c.p.p., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni. Al riguardo le Sezioni Unite hanno evidenziato che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi, difettano la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la "terzietà" del captante. L'acquisizione al processo della registrazione dei colloquio può legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all'art. 234 c.p.p., comma 1, che qualifica documento tutto ciò che rappresenta fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo; il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica dei colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare (si pensi alla vittima di un'estorsione) una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l'effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale" (Cass. Sez. Un. 28-5-2003 n. 36747). Diversa è l'ipotesi di registrazione eseguita da un privato, su indicazione della polizia giudiziaria ed avvalendosi dì strumenti da questa predisposti. Dette registrazioni secondo la giurisprudenza di questa Corte ( N. 23742 del 2010 Rv. 247384, N. 42939 dei 2012 Rv. 253819 N. 7035 del 2014 Rv. 258551), alla quale il collegio aderisce, essendo effettuate col pieno consenso di uno dei partecipi alla conversazione, implicano un minor grado di intrusione nella sfera privata; sicché, ai fini della tutela dell'art. 15 Cost., è sufficiente un livello di garanzia minore, rappresentato da un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, che può essere costituito anche da un decreto del pubblico ministero. Tale provvedimento, infatti, rappresenta il "livello minimo di garanzie" richiamato in varie pronunce della Corte Costituzionale (sentenze n. 81 del 1993 e n. 281 del 1998) e al quale la giurisprudenza di legittimità ha fatto riferimento, in mancanza di una specifica normativa, sia in materia di acquisizione dei tabulati contenenti i dati identificativi delle comunicazioni telefoniche (Sez. Un. 23-2-2000 n. 6), sia in tema di videoriprese eseguite in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio, ma meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 2 Cost., per la riservatezza delle attività che vi si compiono (Cass. Sez. Un. 28-3-2006 n. 26795). Nel caso di specie,come indicato nella sentenza impugnata e non disatteso in fatto dal ricorrente che si limita a ventilare la verosimiglianza di un accordo con le forse dell'ordine, la registrazione è stata effettuata dal P., su sua iniziativa e senza l'ausilio di strumentazione fornita dalla polizia giudiziaria, correttamente pertanto l'acquisizione al processo della registrazione del colloquio è avvenuta attraverso il meccanismo di cui all'art. 234 c.p.p., comma 1. Fondata è la doglianza in punto pena considerato che non è stato calcolata correttamente la diminuzione della pena per la concessione delle circostanze attenuanti generiche indicata nella massima misura consentita, ma erroneamente conteggiata in misura superiore . La sentenza va pertanto annullata senza rinvio limitatamente alla misura della pena che deve essere rideterminata in anni 3 e mesi 10 di reti. ed € 380,00 di multa. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena che ridetermina in anni 3 mesi 10 di reti. ed €. 380,00 di multa; rigetta nel resto il ricorso.
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L'investigatore privato non può essere obbligato ad indicare la fonte delle informazioni oggetto della propria deposizione.
In tema di segreto professionale, l'ordinamento processuale comprende, tra coloro che non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della propria professione, gli investigatori privati autorizzati.
Per gli investigatori privati, qualora rifiutino di indicare la fonte delle informazioni poste ad oggetto della loro deposizione, è dunque esclusa la punibilità per il delitto di testimonianza reticente.
L'investigatore privato autorizzato dal Perfetto è, e resta, impegnato al silenzio sulle fonti della propria conoscenza e ove rendesse la dichiarazione testimoniale, riceverebbe un grave e inevitabile danno all'onore della propria persona e professione.
Anche costoro, pertanto, godono delle prerogative sul segreto professionale che spettano, in forza degli artt. 200 c.p.p., 249 c.p.c. e 384, co. 2, c.p.p. che scrimina penalmente il comportamento reticente chi colui che sia stato obbligato a deporre pur avendo la facoltà di astenersi dal deporre.
Quanto all'art. 200, co. 1, lett. b), c.p.p., invero, la legge sulle investigazioni difensive (art. 4, L. n° 397/00) ha modificato l'originario testo del codice di rito penale, poiché ora gli Investigatori privati sono espressamente annoverati nella categoria dei soggetti che sono legittimati ad opporre il segreto professionale, se muniti di autorizzazione prefettizia, avendo maturato una specifica esperienza professionale che garantisca il corretto esercizio dell'attività, quale unico presupposto a cui è subordinata l'operatività del "diritto al segreto professionale".
Cassazione Penale, Sez. VI, 11.01/25.02.2005 n° 7387, G.G., rv. 231459
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